Il risultato? Non si può parlare di Big Data se non parlando dell’uomo.
Durante l’intervista è stata ripercorsa la strada che ha portato alla nascita di SocialMeter, per capire come queste due risorse – persone e tecnologia – possano e debbano convivere e qual è la direzione delle innovazioni in campo Data Science.
Siamo nati per dare valore alle informazioni
Come tutte le buone idee, anche SocialMeter è nata grazie ad una fortunata intuizione. L’attività è stata fondata cinque anni fa quando all’interno di Maxfone, PMI veronese operante nel settore delle telecomunicazioni, un gruppo di specialisti con skill profondamente diverse tra loro, ma accomunati dalla medesima grande visione, iniziarono a credere nel valore dei Big Data.
Dal punto di vista tecnico siamo un data provider: la nostra attività consiste nell’acquisire, analizzare e conservare ogni giorno una vasta quantità di dati provenienti da molteplici fonti (web, social media o altre categorie).
Il nostro business si scompone in:
- Big data analysis. Rappresenta il processo chiave, che permette di aumentare il valore delle informazioni e per cui sono richieste competenze specifiche di data science.
- Consulenza in-house. Advising di carattere strategico sui dati raccolti al fine di indirizzare correttamente le scelte di aziendali.
- Cessione di dati. Raccolta dei dati e passaggio delle informazioni ai clienti che sono in grado e desiderano occuparsi loro stessi delle fasi successive.
«…ma alla fine, dai Big Data si passa sempre ai Small Data»
Se il primo passo della Data Science era focalizzato sui processi legati ai Big Data, oggi il valore reale viene tratto dagli Small Data. Ma qual è la differenza tra questi due insiemi di informazioni? Figurativamente, le informazioni “Small” sono sottogruppi che vengono estratti direttamente da macro insiemi “Big”, sono cioè costituiti da minori volumi di dati, ma più rilevanti. La scelta di quali sottogruppi analizzare varia a seconda del variare delle esigenze informative. In primo luogo raccogliamo, filtriamo, organizziamo e analizziamo i Big Data; successivamente ricaviamo i Small Data, tralasciando tutto ciò che è influente o che potrebbe portare ad interpretazioni errate. Dunque i Big Data e i Small Data non sono due sistemi in contrapposizione, ma si affiancano per dare vita ad un’analisi più approfondita e strutturata: un’analisi di quantità e di qualità. Da ciò deriva anche il passaggio dal listening, per cui “ascolto tutto”, al crawling, per cui “raccolgo solo ciò che è propedeutico all’analisi finale”.
I risultati dell’analisi sui flussi Small Data è di grande utilità in ambito marketing, dove l’obiettivo è raccoglierei solo i dati che servono effettivamente per ricerche e campagne. A differenza delle ricerche sul campo svolte con metodi tradizionali, che lavorano su un campione molto limitato, attraverso la piattaforma SocialMeter Suite è possibile raccogliere set di informazioni molto più vasti, per orientare le scelte di marketing e comunicazione dell’azienda stessa. Grazie a tecnologie brevettate, sviluppate interamente nei nostri centri di ricerca di Verona ed Austin, siamo in grado di trarre informazioni di qualsiasi natura e proporre soluzioni personalizzate. Per questa ragione lavoriamo attivamente con clienti eterogenei per settore di appartenenza e dimensione strutturale.
L’importanza delle persone
Tornando alla domanda iniziale, P. Errico offre una risposta chiara e decisa: «il machine learning è in grado di sostenere circa il 60-70% delle attività, ma la componente umana è e rimarrà fondamentale».
Infatti, la tecnologia offre opportunità e benefici straordinari, però il valore finale può essere conferito solamente dall’individuo. Questa è la filosofia SocialMeter, che viene implementata a partire dall’interno, tramite un team molto preparato, complesso e multidisciplinare, i cui componenti provengono da background differenti: data analisys, marketing, programmazione, area commerciale, diritto e filosofia (siamo particolarmente attenti alle tematiche etiche GDPR).
Si tratta di team che, lavorando contemporaneamente su più mercati, acquisiscono una flessibilità unica che li rende in grado di applicare modelli diversi in tempi molto rapidi. Quindi, come ha fatto notare P. Moder «il ruolo umano è a monte e a valle; a monte per costruire insieme al cliente l’istruzione da dare alla macchina per poter lavorare e a valle per interpretare i dati e le informazioni che la macchina ha raccolto e ha sistematizzato». Oltre a ciò, non si può dimenticare il computational design, ovvero la capacità dei dati di influenzare la creatività. Acquisendo quotidianamente dati ed esperienze avviene un processo per cui si accumula valore. Ciò permette di avere, più passa il tempo, un set di informazioni che facilita il lavoro già nella fase creativa.
Perché diventare data driven?
Sul tema dei numeri e delle innovazioni di questo settore c’è un problema locale di percezione e consapevolezza. «Abbiamo passato anni nel sentirci dire che eravamo troppo avanti», come dice P. Errico.
Prendendo ad esempio i grandi player del settore, il cosiddetto FAAG (Facebook, Apple, Amazon, Google), è evidente come queste aziende fondino il loro successo sulla conoscenza dei numeri, trasformando i comportamenti degli utenti in informazioni rilevanti da impiegare nell’ideazione di strategie efficaci.
Proprio per ridurre il gap infrastrutturale tra il continente europeo e quello nordamericano, abbiamo una sorella consociata negli Stati Uniti: la Instant Media Analyzer, con sede ad Austin. Scelta non casuale, perché insieme alla Silicon Valley e a Seattle, Austin rappresenta uno dei tre hub dell’innovazione digitale. Già casa di numerose aziende high-tech, Austin è la capitale tecnologica del Texas. Per andare in questa direzione Maxfone ha instaurato partnership e collaborazioni con vari enti di ricerca ed Università perché «nel momento in cui si capisce il valore dei numeri, spesso si rimane affascinati».
Dunque, quello che serve all’Europa è un grande piano per recuperare parte di quel gap che ci distanzia di 3 anni dagli USA. Quando si parla di dati c’è sempre una doppia valenza, una percezione di negatività rispetto a questo genere di informazioni, però oggi in qualsiasi tipologia di business non ci si può permettere di non capire il bisogno del cliente finale. L’analisi SocialMeter consente, partendo dal bisogno e dal comportamento del consumatore, che è la cosa più complessa ed “il sacro Graal del marketer”, di capire quali sono i punti critici o migliorabili per portare nel futuro il proprio business. In questo senso quella dei Big Data è «un’onda che non si può fermare».
Il podcast completo è disponibile su Radio Next.